sabato 31 dicembre 2011

Vedo, prevedo, stravedo!

La prodigiosa Famiglia Hans

Ogni anno, nei pressi del 31 dicembre, una massa di pronostici sulle più disparate faccende si riversa sull'umanità. In questi giorni, fra tv, quotidiani, magazine e web, sembra che il futuro non possa fare a meno di essere scandagliato in ogni aspetto: dal modo in cui i pianeti influenzeranno le nostre esistenze, al modo in cui ci si vestirà, a quello in cui si mangerà, a come ci si divertirà, a come si spenderà, a come si trascorrerà l'estate, che sembra un tempo favolosamente lontano da questo orizzonte invernale...
A questo punto, ci si potrebbe aspettare una nota polemica su questa valanga di previsioni. Sbagliato. Quest'anno, infatti, non saremo da meno. Nel piccolo del nostro blog, ci uniremo al coro dei Nostradamus e dei trendsetter di tutto il mondo, per preconizzare cosa vi succederà e come vi dovrete comportare nei prossimi mesi. Lo faremo grazie agli auspici di una potente famiglia di topi con agganci in ogni ambito della cultura, del sapere, del costume, dell'estetica e dell'economia. Sto parlando della Famiglia Hans, creata dal genio multiforme di Ninamasina Handmade. Grazie alle doti divinatorie e al sopraffino sesto senso di questi personaggi, il 2012 non avrà segreti per voi, e sarà, ça va sans dire, una passeggiata. Buona lettura.

Hans Weathereport
Avete sempre pensato che è il tempo che influenza l'umore? Da oggi avrete modo di ricredervi: è l'umore che influenza il tempo. La notizia viene dall'Università di Galvestone, Texas, dove un gruppo di ricercatori ha scoperto una studentessa in grado di creare grossi cirrocumuli col solo ausilio del malumore provocato in lei dalle telefonate alle madre. I ricercatori rivelano: «Piccoli comitati di quartiere, riunendosi e concentrandosi a dovere, potrebbero intervenire sulle condizioni meteorologiche di intere zone della loro città, determinando i fenomeni auspicati: caldo, freddo, pioggia, nebbia, neve. E persino modificare il corso delle stagioni.» Brenda Cox, combattiva pensatrice New Age, ha affermato in proposito: «A questo punto, non sarebbe così strano se i recenti cambiamenti climatici fossero il risultato delle alterazioni patologiche dell'umore della razza umana.» Da oggi, dunque, se, come i redattori dei tg, fate parte della categoria di chi si lamenta incessantemente del tempo, sappiate che siete voi stessi a determinare le vostre condizioni meteorologiche.

Hans Economist
Lo stimolo all’economia passa per l’incentivazione alla spesa: come diceva il vecchio George W. Bush dopo l’11 settembre, «Se volete aiutare l’America, andate al centro commmerciale.» Oggi, nonostante la crisi finanzaria, la manovra Salva Italia e la recessione in arrivo, incentivare la spesa è facile: dal 1 gennaio, usate solo monete metalliche. Basta assegni, banconote e carte di credito. Con questo semplice sistema, ogni volta che spenderete, per poco che sia, vi sentirete più leggeri e felici, sentendo qualche chilo di questa “moneta pesante” uscire tintinnando dalle vostre tasche. Un bell’impulso all’economia: l’aumento della domanda farà diminuire i prezzi, stimolando ulteriormente la domanda, in un circolo virtuoso di crescita che coinvolgerà consumatori, commercianti, produttori e sarti specializzati in tasche rinforzate. E gnacche alla formica ammucchiarona, come diceva il Fosco Maraini.

Maison Sorelle Hans
Nel futuro di questi tempi di crisi prevediamo il sorgere di un movimento di elegantoni: i neodandy. Perché non c'è dubbio: l'era del fashion a tutti i costi è al tramonto. Oggi è out tutto ciò che fa moda. Basta con le code davanti ai negozi del lusso. Basta indebitarsi per una stupida borsetta o un insulso paio di scarpe dal nome di torero. No alle ragazze trendy con il vestito giusto per ogni ora del giorno. Cancellate una volta per tutte quelle noiose di Madonna e Lady Gaga, eternamente in corsa dietro bustier sadomaso e stivaletti da domatrici di tigri. Il nostro tempo impone massima superiorità all'apparenza, sprezzo delle convenzioni, e una condizione di creativa nonchalance. E dagli States giungono le prime avvisaglie. La tendenza più cool è: spegnete la luce e vestitevi al buio. Ramazzate dall'armadio le prime cose che trovate, senza penosi e sorpassati tentativi di abbinamento e buon gusto. Sarete impeccabilmente chic. Il caso e la necessità vi faranno da guida, come accadeva ai nostri antenati nelle caverne o a certi poveracci che ancora oggi, ci dicono, si svegliano col buio per andare a lavorare. Ci sembra si chiamino pendolari, o qualcosa del genere.

Hans Lifestylist
Pensate ancora ai soldi? Vi dannate l'anima per quei quattro risparmi che avete in banca? Ma via! Non vi vergognate? L'imperativo dei nostri tempi è: fatela finita con le preoccupazioni materiali. Basta con i conteggi e le recriminazioni. Oggi quel che vale è la ricchezza interiore, l'hic et nunc, lo slancio del cuore! Avete difficoltà ad arrivare alla fine del mese? E smettetela di lamentarvi! Piuttosto fatevi un bell'orto! Si chiama economia di sussitenza e ha funzionato per centinaia di anni: non sarete certo voi con le vostre pretese a metterne in dubbio l'efficacia. E poi, se Michelle Obama si è messa a seminare sul retro della Casa Bianca, potete ben  farlo anche voi, a testa alta. Ricordate l'antica massima monastica? Ora et labora. Mentre date di zappa, avrete modo di innalzare lo spirito alle regioni celesti, con gran beneficio del corpo e dell'anima. Due piccioni con una fava, dicevano i nostri nonni. I latini, invece, Mens sana in corpore sano. Su a Sanct Moritz ho piantato anch'io due patatine e vi assicuro che avete tutto da guadagnarci.

Hans Chef
Sostenibilità. Sostenibilità. Sostenibilità. È questo l'ultimo grido della buona tavola. Un taglio ai consumi inutili e agli sprechi. Basta con gli esotismi raffazzonati e antiecologici. Sì, invece, alla cucina fusion, e alle sue geniali contaminazioni, ma che siano, rigorosamente, a chilometri zero. Come? È presto detto: in tutte le capitali sono sempre più numerosi i seguaci di questo nuovo stile alimentare take away. Bidoni e cestini della spazzatura, come ci insegnano i gatti, veri e propri geni di sopravvivenza, sono preziose miniere di ingredienti ancora in ottimo stato, da rielaborare con felice creatività in tante gustose e saporite ricette. E magari rallegrate da festose apparecchiature, come ci insegna l'inesauribile Benedetta Parodi capace di riciclare con casalinga ingegnosità una ratamaglia apparentemente inutilizzabile, in assurde tavole degne degli anni Cinquanta. Darete il buon esempio ai vostri vicini, mostrando loro quante buone cose vanno sprecate dalle loro tavole spendaccione, e, più meritorio ancora, sarete d'esempio a quei maleducati dei loro marmocchi che si abbuffano di schifezze piantate invariabilmente a metà senza che nessuno ci trovi niente da ridire. Mostrate al mondo di che pasta siete fatti. Ritrovate lo stile di una sana, onesta sobrietà.

Hans Wellness
La buona notizia è: contro ogni  previsione e aspettativa, questo è davvero l'anno del benessere. Perché, diciamolo: tutto congiura a fare di noi un manipolo di salutisti. Poco cibo, molto movimento. E la testa sempre, sempre al lavoro, fino a tarda notte e fino a tarda età: così non si invecchia, perdendo tempo e oziando come hanno fatto quei pelandroni, gottosi e sovrappeso, dei nostri predecessori. L'auto costa troppo? Non potete più permettervi i mezzi di trasporto? Piantatela coi mugugni e fate di necessità virtù: alzarsi mezz'ora prima per raggiungere il posto di lavoro a piedi o in bicicletta, vi darà modo di esercitare il vostro fisico mollaccione, senza che andiate a spendere capitali in palestra per tonificare glutei e sederi depressi da uno stile di vita sinceramente improponibile, che finalmente avrete modo di mettere in discussione, dando una svolta alla vostra vita con un po' di sana avventura, dinamismo, sfida ai vostri limiti.

Hans Nostradamus
E per chiudere: il pronostico più sensazionale. Viene, ovviamente, da Hans Nostradamus. Questo straordinario veggente, infatti, per il 2012 non ha previsto scontri fra imperi, crolli di economie, rivolgimenti politici e catastrofi naturali. No, nelle sue oscure centurie, ha vaticinato un fenomeno sconvolgente e assolutamente imprevisto:

Barbuti saccenti e severe sibille
dismesse le noiose tiritere
volgon le penne ad alte quisquille
che paion fole e in vece sono vere.


Come non leggere tra le righe l'uscita, sui due principali quotidiani nazionali di un inserto cultura settimanale, di ben quattro pagine, dedicato ai libri per ragazzi? A stare alle parole allusive del topo indovino, vi parteciperanno alcuni dei maggiori intellettuali e scrittori del momento. E pensate: una volta che l'avrete letto, grazie alle belle illustrazioni ci potrete anche incartare i regali, senza tema di brutte figure! Non è fantastico?

Hans Ghostwriter
Insomma, cari lettori, avete capito.
Il messaggio della Famiglia Hans per questo lugubre 2012 è: bando allo scetticismo! Pensavate che l'attuale congiuntura rappresentasse una scarogna nera (con finale apocalittico: 12.12. 2012) e invece, sorpresa! È questo il momento ideale per ritrovare voi stessi e le buone virtù compromesse dall'avvento di anestetizzanti tecnologie. Come dicevano i nostri avi: gambe in spalla. Mostrate a tutti chi siete! Siate reattivi! E naturalmente: grazie di seguirci con tanta buona disposizione.
A voi uno splendido anno nuovo.
(Un grazie ad Anna Masini per averci permesso di utilizzare le sue foto dei suoi splendidi topi, oltre che per tutto quello che fa per noi e per questo blog).

Hans che vi fanno gli auguri!

sabato 24 dicembre 2011

Gesù Bambino nella greppia

Quest'anno, fra le letture più belle fatte, c'è stato un libro di Adriana Zarri, Un eremo non è un guscio di lumaca. Mi è tornato in mente in questi giorni, per un bellissimo capitolo sul Natale. Adriana Zarri, scrittrice, giornalista, teologa, eremita, ha dedicato numerose riflessioni alla bellezza e alla forma della bellezza come significato profondo, misterioso dell'essere, della vita. Riflessioni che tramano, in controluce, questo brano sul presepe e sul bambino che ne è protagonista. Parole di grande interesse, per credenti e non credenti. Ve le proponiamo. Torneremo il 31 dicembre, per gli auguri dell'anno nuovo. 
Buon Natale.


Quest'anno, ho fatto due presepi: uno in casa e un secondo nella stalla. Disponendo di una stalla, con tanto di greppia, mi pareva che quella fosse la collocazione più adeguata: tanto che poi ho deciso di lasciarlo, anche durante l'anno. Anziché un'altra immagine sacra, egli è lì, tra il disordine e i topi, come forse neanche a Betlemme gli mancavano. Poiché accanto alla casa non si coltiva grano, non ho paglia; e tutti gli anni il fornitore è Giacomo. Viene con una mezza balla (e me ne basta molto meno; il resto farà da strame per le bestie) e io ci colloco sopra la statuina di gesso. È un presepe da poveri. La paglia, Gesù Bambino e basta (in quello di casa, per ornamento, c'è solo un volo d'angeli: una ceramica di Faenza, essa pure un regalo di amici di là). È un presepe da poveri, ma è il signore che seguita a nascere, ogni giorno: e non finisce mai di nascere, e non finisce mai di morire, e non finisce mai di risorgere, nella carne e nel mondo. Nasce non tanto «nell'anima», come un'ascesi tutta spiritualistica ci ha insegnato a ripetere: nasce nella vita; nasce dal nostro ascolto, dalla nostra attesa, dal nostro umile e docile accordarci con i ritmi profondi delle cose. E noi gli siamo utero, cesto, nido.

Sano Di Pietro, Natività, c. 1470. Barbara Piasecka Johnson, Montecarlo.
Lorenzo Monaco, Natività, 1409. Metropolitan Museum, New York.
L'incarnazione non è una storia privata: è la storia del mondo e Cristo non nasce solo nella greppia. Il Verbo sposa la terra e e si fa terra, carne, tempo, storia, finitezza, condizionamento, situazione umana nella sua complessità, e nella sua povertà, vita del mondo, con la sua concretezza e i suoi limiti. E la vita – questa vita assunta da Dio – è fatta di me, di voi, di storie e destini innumerevoli, di vicende cosmiche e piccoli accadimenti quotidiani. Anche di neve è fatta, la vita, e di germogli che dormono, di gatti che ronfano, di stufe che brobottano e di polente che inondano le tavole come lune d'inverno.
Dopo gli incontri con gli amici, che hanno sfidato freddo e neve per i doni e gli auguri natalizi, torna la solitudine compatta, non mi sono lasciata sedurre dai tanti inviti. Per le feste una persona sola sembra che faccia pena (che pena sprecata, nel mio caso!) e gli inviti si moltiplicano. Ma io ho sempre difeso il mio Natale, anche quando non ero un'eremita, ma il monachesimo ce l'avevo dentro, in un bisogno di silenzio; e così Pasqua e le festività importanti. Se mai un pranzo potra essere accettato nei giorni successivi.

Andrea De Litio, Natività, 1460- 1470. Atri, Cattedrale
Benozzo Gozzoli, Natività, c. 1450, Armadio degli argenti, Museo di San Marco, Firenze.
Ricordo quando abitavo a Roma, in una di quelle case con le pareti di carta velina, con i rumori che passavano muri, soffitti, pavimenti. E mi giungeva, confuso, il chiacchiericcio vuoto di tavolate che si intuivano convenzionali, con discorsi di nulla.  Io «là sola come un cane» facevo pena a loro: ma loro facevano assai più pena a me. Sentivo il pomeriggio che naufragava in chiacchiere sempre più stanche; e il mio silenzio, invece, a onta di quelle interferenze, si faceva più denso, più compatto, più felice. Tanto più adesso, che la mia casa ha solide pareti contadine e al di là c'è soltanto la stalla e lo starnazzare dei polli.
I mesi freddi - l'ho già detto - sono più solitari. Il periodo precedente il Natale è una parentesi di incontri – dolce come sarà poi dolce il silenzio – ma dopo la parentesi si chiude. La chiude il freddo, l'inclemenza del tempo, la sorda barriera delle nebbie, il desiderio di ciascuno di restare più in casa, di coltivare la domesticità. Ed io ricado nel bianco silenzio dell'inverno, illuminato dalla neve, come su di un lenzuolo bianco che accoglie la mia contemplazione. Sono stata grata agli amici per essere venuti a salutarmi; ora sono loro grata perché mi lasciano in silenzio.

Giotto, Natività, 1303-1305, Cappella degli Scrovegni, Padova.
Giotto, Natività, 1303-1305, Basilica inferiore, Assisi.
Il telefono aveva squillato a lungo, con chiamate da tutte le parti d'Italia: di amici e anche di sconosciuti; ed era stata una dolce manifestazione di affetto. Ora tace anche lui. Sul tavolo ho ancora i segni delle festività: resti di panettoni e di liquori con cui tanti hanno voluto ricordarmi. E io prolungo le ricorrenze liturgiche, contestando le stolte contrattazioni tra Vaticano e stato per la riduzione delle feste che hanno abolito l'Epifania in favore dell'Immacolata. Si capisce proprio che le trattative sono state condotte da diplomatici che non sanno nulla di storia, di liturgia e di teologia. Ma al Molinasso l'Epifania si festeggia ancora, con la medesima solennità di un tempo. Questo Natale dei pagani, questo Natale ecumenico ha, nella mia cappella, la risonanza che merita e che la storia e la liturgia gli hanno decretato fino a oggi.
Gesù Bambino nella stalla si sta ambientando a un clima certo più rigido di quello di Betlemme. Un topo gli ha rosicchiato la vestina scoprendo un angolo di carne nuda. L'ho ricoperto con la paglia senza eccessive preoccupazioni. Dopo tutto, se voleva, poteva mandarlo ben via; se l'ha tenuto vuol dire che il topettino gli piaceva, e magari ci ha conversato un poco.

Beato Angelico, Natività, c. 1440. Convento di San Marco, Firenze.
Piero della Francesca, Natività, c. 1470. National Gallery, Londra.
Del resto il mio Signore non è esigente. L'ho abituato bene e, se non ci sono fiori, non pretende che vada dal fioraio: costa troppo. Si contenta di qualche pannocchia di granturco, qualche zucchina ornamentale, qualche fiore secco, qualche ramo. Del resto l'idea che soltanto i fiori freschi facciano decorazione è molto restrittiva e molto ingiusta verso altri pezzi di natura non meno belli: come un cesto di frutta, o un'erica seccata che serba il suo delicato color viola, un mazzo di spighe (bellissime le varietà dei prati: bellissime verdi ed essiccate); o anche soltanto un ramo. I biancospini hanno rami elegantissimi. D'inverno la mia casa non ha fiori, ma è sempre adorna di qualche pezzo di mondo che mi entra dentro a farmi compagnia. In questo momento, in cappella, c'è un nido d'uccello con le ovette. Naturalmente non sono andata a rubarlo sulla pianta, come fanno i monelli: l'ho trovato ai piedi di un albero e l'ho portato ai piedi del Signore. E credo proprio che gli piaccia. Se non gli piacesse, dimostrerebbe di avere scarso gusto, ed è un'ipotesi che non posso prendere in considerazione.

Gentile da Fabriano, Pala Strozzi, Natività di Gesù, 1423, Galleria degli Uffizi, Firenze.

Ottaviano Nelli, Natività di Gesù, 1424. Palazzo Trinci, Foligno.

venerdì 23 dicembre 2011

E tutto è Natale scrupolosamente

Il Babau, Dino Buzzati, 1971, pastello su carta, 20 x 28 cm

La saponetta

Tu pensavi che cosa mi regalerà
finalmente è venuto Natale
eccomi qui alla porta, e tutto
è Natale scrupolosamente
l'esatto sogno dei bambini
col gelo col grigio col vento
che fa turbinare quei cosi
di ghiaccio e di neve e le famiglie
che si chiudono come valve
tram fermi automobili poche
eccomi qui da te col regalo
io che te lo avevo promesso
ciao ciao ho avuto la forza
di arrivare fin qui se non altro.
Ma dico: quando l’avrai consumato
e resterà un fogliettino
un fagiolo un cece un nulla
e ti scivolerà fra le dita
precipitando giù nel lavandino
dico, amore, per un istante almeno
ti ricorderai di me?

Quella che avete appena letto è una poesia di Dino Buzzati (tratta da Le poesie, Neri Pozza 1982). Varrebbe sempre la pena di tenere presente che il Natale è una festa ambivalente, giusto per non appiattirsi sulla sua immagine più televisiva, irrimediabilmente bianca rossa e oro, perfetta per vendere panettoni e carte telefoniche, ma alla lunga piuttosto tediosa, opprimente.
Trovo che questa poesia sia piena di vere raffinatezze natalizie:

... l’esatto sogno dei bambini
col gelo col grigio col vento...

... e le famiglie
che si chiudono come valve
tram fermi automobili poche...

Il Babau, Dino Buzzati, 1967, acrilico su tela 119 x 80 cm

Ve la propongo insieme ad alcune immagini e a una bellissima storia dipinta di Buzzati, dedicate al celebre Babau.
Posso spiegarvi perché associo queste immagini a questo periodo.
Perché anche quella qui rappresentata è una notte ed è una notte di avvento.
Perché vi regna un'atmosfera che nasce dalla compresenza di buio e luce, che è una delle caratteristiche simboliche di questa festa.
Perché ci ricorda che i racconti, i miti, i simboli (che si sia o no religiosi), sono dotati di voci che, come poche altre, sanno raggiungerci, toccarci, rapirci.
Perché le parole che strisciano negli interstizi di queste immagini invernali raccontano di un essere che penetra, non visto, nelle case dove i bambini dormono:

QUANDO sui terrapieni notturni vanno i treni vanno vanno
ALLORA librandosi a mezz'aria il BABAU entra nei sogni dei bambini
ma i micidiali cretini gli hanno dato la caccia.
Poi DIO MIO DIO MIO, CHE COSA ABBIAMO FATTO!

In Le notti difficili, nella storia scritta che Buzzati dedica al Babau ucciso, si legge:

Era molto più delicato e tenero di quanto si credesse. Era fatto di quell’impalpabile sostanza che volgarmente si chiama favola o illusione: anche se vero.

Con il suo vellutato, baleniforme Babau, Buzzati ci ammonisce severemente a non ammazzare le storie di luce e ombra che i bambini amano, di cui è fatto il loro immaginario e di cui hanno tanto bisogno. Diamogli retta.

Il Babau, Dino Buzzati, 1969, acrilico su tela 40 x 30 cm

giovedì 22 dicembre 2011

Un abete speciale

Milano, foto di Alessio Mesiano, 2009
[di Valentina Colombo]
 
Secondo la tradizione meneghina, l'albero di Natale s'ha da fare il giorno di Sant'Ambrogio. Si prende un abete, vero o finto che sia, e durante alcune ore, o minuti, lo si rimpinza di lucine, palline, fili argentati e cascate di perline, finte candele, pigne, fette di arancia seccate e fiocchetti di vario tipo.
L'albero di Natale, con il suo sbarlugginio luccicheggiante (definizione coniata da una mia professoressa del liceo e mai dimenticata) è simbolo di molte cose. Potremmo dilungarci sulla sua storia da un punto di vista religioso e antropologico, collegandoci ai riti propiziatori dei popoli pagani o a quelli religiosi medievali. Ma non è mia intenzione parlare di questo, e sul significato dell'albero vi rimando al post di qualche giorno fa della brava Antonella Abbatiello.
Anche quest'anno siamo stati invasi dalle immagini degli alberi più strani: quelli fatti di tappi di sughero, quelli di bottiglie di vetro, quelli a piramide di libri e chi più ne ha più ne metta. Non è mancato il servizio al Tg (uno qualunque) sull'accensione dell'albero al Rockefeller Center a New York, con famiglia presidenziale abbracciata inclusa, il report sul Natale all'altro emisfero, dove l'abete stona un po' con i 35 gradi dell'estate, per non parlare delle polemiche sull'albero di Natale troppo poco o troppo lussuoso in Piazza del Duomo, qui a Milano. A Roma l'albero scelto dal Comune è risultato così brutto da spingere la Giunta a rimuovere quello che era già stato ribattezzato "rotolone".

Curiosamente, su una testata nazionale, non ricordo quale fosse, un articolo sulla crisi della Grecia era corredato dall'immagine di uno sparuto abetino spelacchiato, decorato con due o tre palline rosse. Insomma, l'abete in crisi. Come a dire: stiamo messi così male che nemmeno facciamo l'albero. E in effetti, il nostro caro vegetale abbellito è diventato col passare degli anni simbolo di come stiamo, come staremo, che cosa abbiamo fatto, quanto stiamo bene o male. Un oggetto simbolo, se vogliamo, del consumismo e dello spreco, "più luci metti, più sei ricco". Ma per i bambini l'albero è solo un albero: magico, fatato, li accompagna verso la sorpresa del Natale, fa parte del rito dei regali, dell'attesa e dei desideri. Ecco, Rodari, aiutami tu a dirlo, cos'è Un abete speciale:

Quest'anno mi voglio fare
un albero di Natale
di tipo speciale,
ma bello veramente.
Non lo farò in tinello,
lo farò nella mente,
con centomila rami
e un miliardo di lampadine,
e tutti i doni
che non stanno nelle vetrine.
Un raggio di sole
per il passero che trema,
un ciuffo di viole
per il prato gelato,
un aumento di pensione
per il vecchio pensionato.
E poi giochi,
giocattoli, balocchi
quanti ne puoi contare
a spalancare gli occhi:
un milione, cento milioni
di bellissimi doni
per quei bambini
che non ebbero mai
un regalo di Natale,
e per loro ogni giorno all'altro è uguale,
e non è mai festa.
Perché se un bimbo resta senza niente,
anche uno solo, piccolo,
che piangere non si sente,
Natale è tutto sbagliato.

Riflettendo su questo, mi sono messa a scartabellare tra gli albi alla ricerca di alberi di Natale illustrati che avessero questa forza atavica e infantile, questa purezza di significato. In generale, trovo i libri sul Natale piuttosto leziosi e trash. È diventata una sfida quindi trovare dei begli alberi dentro dei bei libri, ma ce l'ho fatta. Buon Natale a tutti.

Jean de Brunhoff, Il secondo libro di Babar, Mondadori

Arturo e Zefiro, Pom, Flora, e Alessandro non hanno mai visto niente di più bello dell'abete tutto splendente di luci.











Yvan Pommaux, Avant la telé, l'école de loisirs, 2002
J.C. Touzeil ed Eric Battutt, L'épicéa, Milan Jeunesse
J. otto Seibold e Vivian Walsh, Olive, una renna molto speciale, Fabbri editori.




S. Turner, Stille Nacht, Carlsen Verlag
R. S. Berner, Apel, Nuss und schneeballschlacht, pag. 75, Gerstenberg Verlag

L'idea che esista un albero di Natale di carote e mele mi fa sorridere. E l'ossicino di cane, è un tocco di assoluta dolcezza.

C. Van Allsburg, The polar express, Andersen Press

L. Snicket e Lisa Brown, The latke who couldn't stop screaming, McSweeney
Dr. Seuss, Il Grinch, Mondadori Junior

- Perfetto- disse il Grinch. -La mia ultima tappa sarà la più simbolica, e adesso lo vedrete: prima di dirvi addio ruberò pure l'abete!-

Diabolico.








E. Chichester Clark, Melrose e Croc, Aer
Questo libro è pieno di palline, lustrini, alberi e decorazioni natalizie. Ma la sensazione di vero Natale traspare da questa pagina, verso la fine del libro, quando Melrose e Croc sono finalmente amici, e non più soli.















H. C. Andersen e M. Boutavant, L'albero di Natale, Rizzoli

M. Boutavant, Il Giro del mondo di Mouk, Fabbri editori

R. Briggs, Father Christmas, Penguin



Cartolina di Natale di Nicoletta Costa



mercoledì 21 dicembre 2011

Van le slitte per le chine...

Ancora I Quindici? Esatto, ancora loro.
Con il loro ottimismo incrollabile e la loro certezza granitica che il 21 dicembre, giorno ufficiale di inizio della stagione invernale, significhi NEVE, NEVE, NEVE, alla faccia dei cambiamenti climatici.
E perciò: giù con pagine di nevicate epocali e manti immacolati sorvolati dal volo maestoso delle aquile e percorsi da cervi reali e bambini con guance di mela.


Da piccola, quando sfogliavo questi libri, mi chiedevo sempre dove diavolo esistessero posti come quelli che vedevo nelle immagini: dove crescessero boschi simili, dove si costruissero fattorie così perfette, dove vivessero animali così perfettamente animali e in cui i divertimenti fossero così divertenti. In America ovvio. All'epoca non ci pensavo al fatto che questi libri fossero made in USA. Non lo sapevo né mi ponevo il problema, anche se mio padre quando mia madre acquistò I Quindici, da un venditore porta a porta, le fece una partaccia: non vedeva di buon occhio queste forme di imperialismo culturale. Ed erano tempi in cui su queste faccende non si passava sopra...
Le fattorie dell'appennino modenese, luogo che frequentavo, avevano pollai costruiti con porte e finestre vecchie, e cagnetti storti e sovrappeso che abbaiavano astiosamente a ogni malcapitato. Ci si divertiva, ma ci si annoiava anche da quelle parti, e, quanto alle bestie selvatiche, non se ne vedevano nemmeno le impronte. Lo crediate o no, oggi questi luoghi sono straordinariamente simili a quelli dei Quindici. Ci stiamo americanizzando? O si stanno inselvatichendo le zone agricole?
Insomma, non è molto che un vero cervo reale con un magnifico palco di corna in testa come quello che vedete qui sopra, ci ha attraversato la strada. Però i pollai continuano a essere fatti con le finestre vecchie. E in fondo mi sono abbastanza simpatici così.
(Mi raccomando, leggete le poesie: sono imperdibili.)


martedì 20 dicembre 2011

Quando nasce un bambino…


 [di Antonella Capetti]

Beatrice Alemagna, Che cos'è un bambino

La nascita è un mistero che accomuna credenti e laici: per gli uni, è il manifestarsi quotidiano di Dio, per gli altri è la forza della vita. Il Natale incarna questi due fatti straordinari, e nostro compito è risvegliare l’incanto, soprattutto in chi da tempo lo ha perduto.
C’è da preparare lo spettacolo natalizio: ma noi non amiamo le recite, il bambino bello, bravo e buono sul palco, la perfezione mummificata di un adulto in miniatura. Ci piacciono i bambini, tutti; anche quelli meno belli, meno bravi e meno buoni, quelli imperfetti, come noi, quelli che balbettano e, dovessero imparare qualcosa a memoria, di certo lo dimenticherebbero, di fronte a tutti quei visi in attesa.
Ci piace che anche gli adulti si mettano in gioco, perché se sul palco c’è la maestra Lisa, anche i bambini si sentono più sicuri…


Bisogna inventarsi qualcosa, perché non ci piacciono i dialoghi già pronti e la morale preconfezionata, adatta al giorno di festa e dopo due minuti già dimenticata.
 «Ci sarebbe quello splendido libro… ma sì… Che cos’è un bambino, di Beatrice Alemagna. E se lo usassimo? E se ogni bambino realizzasse il proprio autoritratto, sul modello delle illustrazioni del libro, e con i ritratti di tutti (sono più di duecento!) riempissimo dei grandi teli neri, a illuminare il buio (che non c’è nulla come il viso di un bambino felice che possa far risplendere la notte)?


E poi ci potremmo fare anche i biglietti augurali... massimo risultato con il minimo sforzo.»
(A scuola, spesso, bisogna fare i conti con un tempo sempre più tiranno).



E va bene: prendiamo il libro, tutto, perché non si può tagliare nemmeno una parola, è perfetto così. Lo dividiamo in scene, e per ognuna ci saranno dei bambini sul palco a drammatizzare il racconto. E i genitori in sala parteciperanno, anche solo con un “Ah!” di meraviglia al momento giusto.

Un bambino ha piccole mani  (i bambini alzano le mani all’altezza della testa)
piccoli piedi  (i piedi in aria, stando seduti e con le mani poggiate dietro la schiena)
e piccole orecchie, (portano le mani dietro le orecchie)
ma non per questo ha idee piccole. Le idee dei bambini a volte sono grandissime, divertono i grandi, fanno loro spalancare la bocca e dire: “Ah!” (gli adulti in platea ripetono “Ah!”)

E poi quell’idea: videoproiettare le foto dei maestri, da bambini e poi da grandi. Perché anche loro sono stati bambini, e in questo modo forse non se lo dimenticano.


Beatrice Alemagna, Che cos'è un bambino
E poi? E poi? (come i bambini, sempre a chiedere «E poi?»)
E poi non ci basta, vogliamo di più. E, ancora una volta, i libri dei Topi. Perché c’è un altro albo, Quando sono nato, di Isabel Minhòs Martins e Madalena Matoso, che sembra scritto apposta per noi.
Perché c’è una cosa, una sola, che ci accomuna davvero tutti: tutti siamo figli, tutti siamo nati da qualcuno. E allora via, via con il tutto buio, e quelle immagini meravigliose:

Isabel Minhòs Martins, Madalena Matoso, Quando sono nato

Quando sono nato, non avevo ancora visto niente.
Solo il buio.
Un grande buio nella pancia della mamma.
Quando sono nato, non avevo ancora visto il sole o un fiore o un viso.
Non conoscevo nessuno, e nessuno conosceva me.
[…] Quando sono nato, era tutto nuovo.
Tutto stava per cominciare.


E poi?
E poi è stata una festa bellissima, commovente, con i bambini un po’ buoni un po’ no, come sempre. I maestri prima agitati e nervosi, poi felici e soddisfatti, e i genitori commossi, che ci dicevano: «Bravi. Bravi soprattutto per la scelta dei testi.» 
E allora, se una festa di Natale è così bella, è anche merito dei Topi.

[Qualche tempo fa, Antonella Capetti, insegnante elemetare, ci ha mandato un messaggio in cui ci raccontava delle attività svolte a scuola con i nostri libri, soprattutto in prima e seconda classe, per l'apprendimento dell'alfabeto, della lettura e della scrittura. Il suo lavoro ci è sembrato molto interessante e per questo le abbiamo chiesto di descrivere qualcuna di queste esperienze per il nostro blog. Il post che avete appena letto si riferisce a uno spettacolo che Antonella, insieme ai suoi bambini, ha realizzato nel 2009. Antonella Capetti è nata in Valtellina, a Grosio, nel 1967. Insegna italiano e immagine nelle scuole primarie di Carimate e Montesolaro. Per più di quindici anni ha insegnato nella scuola dell'infanzia. Ha pubblicato racconti per l'infanzia con la casa editrice Ghisetti e Corvi e con la Gulliver, con cui collabora anche alla stesura di articoli di didattica scolastica.] 
Isabel Minhòs Martins, Madalena Matoso, Quando sono nato